mercoledì 28 settembre 2005

LA MADRE DI UN GAY SCRIVE A RUINI

Caro Cardinale Ruini, sono la madre di due ragazzi. Uno è omosessuale. Io e mio marito abbiamo cercato di educare i nostri figli al rispetto del prossimo e all’onestà. La famiglia è al centro della nostra vita. Circa un anno fa mio figlio di 20 anni ci ha detto (non così per caso ma in un momento di forte tensione) di essere gay. È stato un colpo al cuore, perché in quel momento ho visto un ragazzo, dolce e sensibile, fragile e impotente di fronte alle ostilità che avrebbe dovuto subire. Quelle ostilità che nascono e fioriscono in una società che la pensa come lei (o come il ministro Calderoli, ma questa è un’altra storia). Dopo la rivelazione (meglio dire la chiarificazione diretta che qualche famiglia preferirebbe non avvenisse!) la prima domanda è stata la più scontata (me ne sono accorta dopo): ma ne sei proprio sicuro? «Sì, mamma», è stata la risposta. E ancora: «ho provato ad avere una ragazza (come noi sapevamo) ma poi per onestà ho interrotto la relazione», e ancora «io non volevo essere così» e queste parole mi risuonano continuamente nella mente provocandomi un nodo alla gola. Il suo racconto continua: «ci ho messo quasi otto anni per accettarmi e capire che sono normale». Ed io pensando alla sua sofferenza non so darmi pace. Vedendo il mio sguardo smarrito ha continuato: «ma io sono quello che voi conoscete, sono così». La nostra è una famiglia aperta ai problemi del mondo, a tavola si parla di tutto, ma questo è stato un segreto difficile da condividere proprio perché assorbiva il giudizio negativo di quella cultura intrisa di tutti quei pregiudizi che accomunano gli omosessuali alla diversità, ai pedofili, alla prostituzione e al peccato. Lei non ha figli e non può capire. L’associazione «Arci Gay» nasce circa 20 anni fa, dopo che due ragazzi omosessuali si suicidarono perché non riuscirono a sopportare le ingiurie della gente (perda un po’ di tempo a guardare su internet...) e tanti altri lo hanno fatto ancora. È questo che vogliamo? Perché i nostri figli non possono vivere la loro vita con dignità, compresa quella sentimentale? Perché la sua voce non si alza contro gli stupri, il turismo sessuale, la pedofilia, la violenza dei padri alle loro figlie o alle loro mogli (dentro quelle famiglie che lei tanto invoca), contro la prostituzione minorile indotta da padri, mariti e fratelli! Queste sono le cose che insieme dovremmo combattere! Queste sono le vere cose contro natura! Per non parlare della guerra, che la nostra Costituzione proprio non contempla, ma anche questa è un’altra storia. Mio figlio non vuole vivere la sua vita, relegato agli ambienti gay, vuole potersi esprimere ovunque, frequentare qualsiasi luogo e poter fare qualsiasi lavoro. I gay si sono dovuti organizzare e per non sentirsi sempre emarginati hanno creato luoghi dove si ritrovano fra loro. Ora le cose stanno cambiando. Devono, cambiare! Alcuni luoghi sono aperti a tutti, è così che deve essere: i gay non devono vivere come se fossero dei derelitti della società, ma vivere nella società anche se non sono stilisti o altri personaggi famosi (per questi è più facile essere accettati perché ancora una volta, ipocritamente, la discriminazione più sentita è la ricchezza). Ho ancora qualche domanda da farle: perché devo considerare un mio figlio, figlio di un Dio minore? Perché devo pensare che uno dei miei figli non è normale? In base a quale legge divina o terrena? Noi abbiamo insegnato ai nostri figli l’amore e il rispetto per l’espressione delle persone senza steccati e limiti per etnia, religione e orientamento sessuale. Mi creda, la Sua è una crociata, anche se secolare, sbagliata. Molti della sua Chiesa non la seguiranno, perché non vivono arroccati come lei in una torre d’avorio. Vivono nelle città e nei paesi. Lavorano e studiano, si divertono e soffrono a contatto con il mondo reale. Hanno amici, figli e parenti gay, quelli che hanno avuto il coraggio di «rivelarsi». Molti altri vivono una vita d’inferno, qui sulla terra, per colpa di tutti quelli che la pensano come lei! Forse il Dio che conosco io non è quello che conosce lei!
Non ci sentiamo di aggiungere nulla, se non che stiamo piangendo per l'emozione che queste parole ci hanno dato. Hanno fatto riaffiorare ricordi dolorosi, è vero, ma ci hanno dato anche nuove speranze per un altro mondo migliore possibile!
Grazie, mamma!

Nessun commento: