giovedì 11 agosto 2005

ULTRAS*


Dopo i fatti di Genova di questi giorni si è fatto un gran parlare di ultras, tanto che forse è il caso di analizzare un po’ di punti provando a sgombrare la testa da preconcetti e luoghi comuni.
-CALCIO BUSINESS L’ultras è stato definito spesso come un “servo del capitale” perché segue uno sport in cui girano miliardi. Innanzi tutto la fetta principale degli incassi legati al calcio non è data certo dai biglietti o dagli abbonamenti di curva, quanto agli altri settori, al materiale delle società, come magliette e gadgets vari, la vendita di quotidiani sportivi e soprattutto i diritti televisivi con tutto ciò che ne deriva, sponsor, pubblicità, pay tv, tutto un mercato che non riguarda gli ultras, quando i tifosi o simpatizzanti piccoloborghesi che il calcio lo subiscono in poltrona davanti alla tv con la magliettina del loro eroe, in cui il logo dello sponsor offusca i colori sociali. Non veneriamo i calciatori, non ci interessa il destino di questi mercenari viziati, ci piace il calcio e soprattutto ci piace la curva, gli amici, i cori, gli striscioni, le trasferte, le lotte. Viviamo in società capitalista, tutto è finalizzato al profitto, se i calciatori sono miliardari non mi pare che gli attori, i cantanti o gli scrittori muoiano di fame, eppure non credo sia deplorevole vedere un film, ascoltare un disco o leggere un libro, il ruolo di un comunista non è quello di estranearsi dalla società e vivere da eremita, ma di affrontarne le contraddizioni dall’interno per combatterle e farle esplodere. Questo è ciò che gli ultras fanno nell’ambiente del calcio, combattono quel calcio business fatto di sponsorizzazioni, contratti miliardari, doping, corruzione, giochi di potere, diritti tv, proprio perché hanno a cuore il calcio.

-REPRESSIONE I gas lacrimogeni, le nuove divise e il nuovo equipaggiamento usati per le prime volte al Global Forum di Napoli e al G8 di Genova sono stati sperimentati prima all’interno degli stadi, che vengono usati da sempre proprio come palestra di repressione. Norme come il Daspo e le leggi speciali che oggi riguardano solo gli ultras, domani potrebbero essere usate contro i compagni, contro i lavoratori in sciopero, contro chiunque turbi la pace sociale, credere quindi che ciò che accade dentro gli stadi non ci riguardi è profondamente sbagliato. Negli stadi inoltre manca spesso ogni forma di legalità e sicurezza, le diffide vengono date a caso tra la folla e vanno scontate prima che un processo stabilisca se si è colpevoli o innocenti, le cariche che avvengono dentro le curve vengono fatte senza lasciare via di fuga, quasi sempre con manganelli impugnati al contrario coinvolgendo chiunque si trovi a tiro delle forze del disordine, vengono sparati lacrimogeni ad altezza d’uomo, a volte anche dentro ai treni, rischiando ogni volta che ci scappi il morto.
-TEPPISTI E IGNORANTI Spesso si ragiona per luoghi comuni e si vede l’ultras come una bestia lobotomizzata che vive solo per il calcio, quando siamo persone del tutto normali, che hanno una loro vita e degli altri interessi, fra chi incontro la domenica in curva c’è chi la sera prima l’ha passata in discoteca, chi a un pub con gli amici, chi in piazza con la comitiva del quartiere, chi a un assemblea di gestione del centro sociale, chi a una riunione del collettivo, chi sui libri a preparare un esame, chi a lavorare fino a tardi, chi con la ragazza, chi a dormire, chi a cercare di far addormentare i figli, chi a ubriacarsi, chi ha fatto il turno di notte, ha staccato un’ora prima ed è corso in stazione per non perdersi la trasferta, insomma…c’è di tutto, non di certo quelli stereotipi che vi propinano tv e giornali. Lo stadio non è un luogo a sé stante fuori dalla realtà, le facce che vedo in curva sono le stesse che si rincontrano per strada, a lavoro, nelle facoltà, a scuola, ai cortei, essere ultras non è totalizzante, avere una passione non vuol dire non avere altro….siamo uomini, donne, ragazzi, ragazze, padri, madri, lavoratrici, lavoratori, disoccupati, disoccupate, precari, precarie, studentesse, studenti, compagni, compagne e al tempo stesso ultras.
-FASCISMO NELLO STADIO Questo atteggiamento di superiorità di alcuni “compagni” verso il fenomeno ultras ha portato all’invasione dei fascisti nelle curve e di conseguenza fra il tessuto sociale che le popola. Quando negli anni ’70 la presenza dei compagni nei quartieri popolari, fra i proletari, sulle lotte sociali era concreta le curve erano in gran parte rosse, i compagni andavano allo stadio, la gente di curva alzava i pugni ed era la stessa che ritrovavi al tuo fianco in piazza. I fascisti agiscono tramite la loro propaganda populista li dove trovano terreno fertile e soprattutto libero e gli spazi lasciati vuoti dai compagni nelle curve sono stati preziosi per loro, e, come detto prima, non essendo lo stadio un luogo isolato dal resto della società le tematiche, i simboli, gli slogan, la mentalità, le ideologie che i fascisti riescono a far passare indisturbati nelle curve arrivano nei quartieri di chi la curva la vive, fino a farsi legittimare come soggetto politico nelle periferie. La presenza militante e politica dei compagni è fondamentale nei luoghi in cui il proletariato vive e socializza, nei quartieri, nei luoghi di lavoro così come negli stadi. Riprendiamoci quegli spazi e quelle lotte che da sempre ci appartengono, riprendiamoci le strade, le piazze, gli stadi i temi sociali e non lasciamo spazi agibili per fascisti.
-ISTITUZIONALITA’ DELLE LOTTE Gli ultras sono fra i pochi soggetti sociali non ancora legati al compromesso nelle loro forme di lotta, non hanno partiti che li proteggono, non hanno leader che li manovrano, non hanno interessi da difendere. L’unica eccezione è la presenza da qualche hanno di Progetto Ultrà, un’associazione finanziata dalla UE tramite la UISP-Regione Emilia Romagna che ha come fondatore e responsabile Carlo Balestri, un sociologo che non è e non è mai stato un ultras, che si pone come mediatore con le istituzioni, che pensa di poter combattere il razzismo e il fascismo all'interno delle curve tramite la delazione e le denunce .Quello che serve e è un fronte di resistenza ultras autorganizzato, senza capi o capetti, senza personaggi esterni che cercano di lucrare sulle spalle degli ultras, coordinato dal basso, che pratichi un antifascismo fatto di presenza militante e non di infamia. Nessun partito, nessun delegato, nessun organizzazione, nessun sociologo può rappresentare gli ultras se non gli ultras stessi, in prima persona. Personalmente esprimo rispetto a tutti gli ultras che in buona fede partecipano a Progetto Ultrà, ma totale sdegno verso personaggi che sfruttano il nostro movimento per i loro interessi, verso questi ambigui "disobbedienti" da stadio a braccetto con polizia e istituzioni, le stesse che ci opprimono, ci diffidano, ci incarcerano, ci diffamano, le stesse che ci poniamo di combattere ogni giorno, dentro, come fuori lo stadio, con le pratiche e i metodi che riteniamo più o pportuni.
-CONCLUSIONI Lo stadio non è altro che uno spaccato di società in cui le contraddizioni del sistema economico capitalista e delle istituzioni borghesi sono riprodotte in tutto e per tutto e portate addirittura all’estremo, per gli ultras certi conflitti sono più evidenti e immediati, nelle curve c’è un bacino di rabbia proletaria e di forza potenzialmente rivoluzionaria che non può essere snobbata per moralismi piccoloborghesie o preconcetti stereotipati imposti da politicanti e pennivendoli, questa rabbia e questa forza va incanalata, va fatta uscire dagli stadi, va portata in strada, applicata alle lotte sulla casa, sul lavoro ecc., va resa cosciente, senza snaturalizzarla, rispettandola, facendoci noi complici della loro energia antiautoritaria. Tornare nelle curve e tornare nelle strade, uscire dagli stadi, senza abbandonarli, per portare i proletari di nuovo nelle piazze. Si PUO’ essere antifascisti, anticapitalisti, comunisti e nel contempo amare il calcio ed essere ultras, si DEVE essere antifascisti, anticapitalisti, comunisti nelle azioni quotidiane, nei rapporti che viviamo ogni giorno, con gli amici, con i datori di lavoro, con i gli altri lavoratori, a lavoro, allo stadio, in pizzeria. IL QUOTIDIANO E ‘ POLITICO, IL PERSONALE E’ POLITICO Sprigioniamo ovunque scintille di rivolta, agitazione sociale, opposizione antiautoritaria, resistenza alla repressione, antifascismo e anticapitalismo.
NELLE STRADE E NEGLI STADI AUTORGANIZZATI
FUORI DALLE ISTITUZIONI E FUORI DA PROGETTO ULTRA’
ANTIFASCISMO NELLE PIAZZE E NELLE CURVE
PER UN FRONTE DI RESISTENZA ULTRAS AUTONOMO
ONORE AI DIFFIDATI
SOLIDARIETA’ AGLI ULTRAS IN LOTTA
LIBERTA’ PER TUTTI E TUTTE
Questo post non è opera di bood ma di ultras* ed è postato oggi 10/08/2005 su italy.indymedia.org (la foto ritrae la curva della Ternana).
Ci è sembrato giusto pubblicarlo perchè siamo ultras,ma una cosa sia ben chiara : spiace per i genoani,ma in ballo non ci sono bilanci,che ormai sono più falsi del sorriso di un ballerino di tiptap,ma tutto ciò per cui andiamo allo stadio:l'errore arbitrale ci sta,purchè sia errore...la vittoria ci sta,purchè non sia comprata,altimenti come si fa ad esultare?

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